Archivio per Bruno Walter

Musica contemporanea

Posted in arte, corso, filosofia, musica, università with tags , , , , , , , , , , , , , on novembre 12, 2008 by faber5

img_0317Uno sguardo malinconico sul Novecento

La preparazione di questo libro che si avvia ora alla fine mi ha occupato  – sia pure con frequenti e lunghe interruzioni – per più di otto anni. Lo stato d’animo con cui io l’ho iniziato, di calma riflessiva e serena confacentesi alla mia età, non le fu sempre concesso. Confesso che si aggiunse sempre più un senso d’angoscia, anzi di dolore, poiché, man mano che il libro procedeva, più assillante sorgeva il problema se non appartenessero ormai al passato tutti i pensieri, le opinioni e i consigli che venivano a radunarsi in questo “testamento di musicista” ed insieme anche il musicista stesso, che ha tentato di esprimere una parte essenziale dei risultati artistici della sua vita. Sempre più mi pareva che i grandi incendi nel mondo, il cui fumo ottenebrò la prima metà del secolo ventesimo, indicassero pure un crepuscolo degli dei per quel regno dello spirito che era stato la mia patria. Di dove altrimenti avrebbe potuto nascere e accrescersi in me quel penoso senso di estraneità all’atmosfera, un tempo così familiare, della pubblica attività artistica? Quei templi nei quali durante la mia vita avevo recato preghiere ed offerte erano dunque davvero in via di decadimento? Sta inaridendosi la sublime sorgente d’ogni grande arte, l’ispirazione creativa deve essere sostituita, perché inattuale, da procedimenti da laboratorio che producono arte secondo principi astratti, in via sperimentale, a soddisfacimento d’interessi intellettuali? […]

Beverly Hills – Agosto 1955

Bruno Walter, Musica e interpretazione, Ricordi 1958   

 

Riflessioni di un protagonista della musica del nostro tempo

Amo molto la dialettica tra l’ordine e il caos, perché è una dialettica fisica della natura ed è una dialettica della mente. Ci sono momenti in cui la mente ama il disordine, ma essa non può sopportare il disordine molto a lungo e a partire da un certo momento se ne distacca. Viceversa se la mente ama l’ordine, non ama un ordine prevedibile. In una composizione bisogna navigare tra un minimo di ordine e un minimo di disordine, a costo di esplorare i territori estremi per un tempo limitato. Si può avere il caos, ma fino al momento che la mente se ne disinteressa e allora bisogna riportarlo a qualcosa che la mente possa afferrare. Questo problema non me lo ponevo affatto quando ero molto giovane, perché davo e ancora non ricevevo, mentre l’attività di interprete mi ha molto insegnato sul circuito dare-ricevere …        

Pierre Boulez, intervista citata in Classic Voice n. 79, dicembre 2005

 Sovente ho paragonato l’opera alla pianta di una città: non si cambia la sua planimetria, la si percepisce com’è, ma ci sono differenti modi di percorrerla, differenti modi di visitarla. Questo paragone è per me estremamente significativo. L’opera è come una città o come un labirinto. Una città è sovente anche un labirinto: la si visita e si scelgono le proprie direzioni, il proprio itinerario, ma è più che evidente che per scoprire una città ci vogliono una pianta precisa, e certe regole di circolazione. […]

Pierre Boulez, Per volontà e per caso, Einaudi 1977.img_01251

 

La promessa

Posted in arte, corso, filosofia, letteratura, musica, università with tags , , , , , , , , , , on agosto 16, 2008 by faber5

Poiché ogni opera consta dell’unione di elementi in cui sono valide le leggi immanenti, anche il più modesto pezzo musicale dovrebbe in fondo, grazie a quelle energie, serbare una traccia della nobiltà insita nella musica. Già spesso mi sono domandato se non sia appunto così, e se forse non derivi proprio dal gusto contrastante conferito da quella goccia celeste anche alla più triviale miscela, la sua deplorevole forza d’attrazione. Mentre le leggi elementari della lingua da noi chiamate grammatica sono di genere razionale, in quelle del linguaggio musicale riconosco una qualità emotiva. L’aspirazione a passare dal movimento inquieto e dal conflitto alla pace tranquilla, comprende in sé il valore ottimistico di una promessa, giacché dopo fugaci soddisfazioni nella consonanza e dopo rinnovati conflitti si raggiunge sempre, alla fine, una consonanza ultima. Da ciò si può forse spiegare perché anche il più cupo movimento musicale non ci lascia disperati. Attraverso il no di una musica tragica noi percepiamo il consolatore dell’elemento in cui esso si esprime, e troviamo confermato nella musica quello che si rivelò allo sguardo di Nietzsche nel mondo notturno: “Il piacere è più profondo del dolore.” Nella magistrale novella di Grillparzer, Il povero musicante, leggiamo come egli ascoltava quest’umilissimo adoratore della musica nei suoi rapiti e solitari esercizi sul violino; è sempre una nota per volta che egli suona insistendo a goderla con un intenso movimento dell’arco, gustando mediante un semplicissimo prodursi di singole note un’evidente felicità. Come non ammettere, insieme al povero musicante, che una nota sola, in una data altezza – in contrasto con l’imprecisa altezza della parola detta – basta a toccare il nostro sentimento? Persino un suono singolo, questo modestissimo messaggero della sfera sublime della musica, contiene dunque un poco di quella qualità emotiva che troviamo nei suoi elementi e che si fa incontro a noi, dalle grandiose opere dei compositori, come rivelazione spirituale, sconvolgendo i nostri cuori.                                             

Bruno Walter, Musica e interpretazione, Ricordi, 1958.