Uno sguardo malinconico sul Novecento
La preparazione di questo libro che si avvia ora alla fine mi ha occupato – sia pure con frequenti e lunghe interruzioni – per più di otto anni. Lo stato d’animo con cui io l’ho iniziato, di calma riflessiva e serena confacentesi alla mia età, non le fu sempre concesso. Confesso che si aggiunse sempre più un senso d’angoscia, anzi di dolore, poiché, man mano che il libro procedeva, più assillante sorgeva il problema se non appartenessero ormai al passato tutti i pensieri, le opinioni e i consigli che venivano a radunarsi in questo “testamento di musicista” ed insieme anche il musicista stesso, che ha tentato di esprimere una parte essenziale dei risultati artistici della sua vita. Sempre più mi pareva che i grandi incendi nel mondo, il cui fumo ottenebrò la prima metà del secolo ventesimo, indicassero pure un crepuscolo degli dei per quel regno dello spirito che era stato la mia patria. Di dove altrimenti avrebbe potuto nascere e accrescersi in me quel penoso senso di estraneità all’atmosfera, un tempo così familiare, della pubblica attività artistica? Quei templi nei quali durante la mia vita avevo recato preghiere ed offerte erano dunque davvero in via di decadimento? Sta inaridendosi la sublime sorgente d’ogni grande arte, l’ispirazione creativa deve essere sostituita, perché inattuale, da procedimenti da laboratorio che producono arte secondo principi astratti, in via sperimentale, a soddisfacimento d’interessi intellettuali? […]
Beverly Hills – Agosto 1955
Bruno Walter, Musica e interpretazione, Ricordi 1958
Riflessioni di un protagonista della musica del nostro tempo
Amo molto la dialettica tra l’ordine e il caos, perché è una dialettica fisica della natura ed è una dialettica della mente. Ci sono momenti in cui la mente ama il disordine, ma essa non può sopportare il disordine molto a lungo e a partire da un certo momento se ne distacca. Viceversa se la mente ama l’ordine, non ama un ordine prevedibile. In una composizione bisogna navigare tra un minimo di ordine e un minimo di disordine, a costo di esplorare i territori estremi per un tempo limitato. Si può avere il caos, ma fino al momento che la mente se ne disinteressa e allora bisogna riportarlo a qualcosa che la mente possa afferrare. Questo problema non me lo ponevo affatto quando ero molto giovane, perché davo e ancora non ricevevo, mentre l’attività di interprete mi ha molto insegnato sul circuito dare-ricevere …
Pierre Boulez, intervista citata in Classic Voice n. 79, dicembre 2005
Sovente ho paragonato l’opera alla pianta di una città: non si cambia la sua planimetria, la si percepisce com’è, ma ci sono differenti modi di percorrerla, differenti modi di visitarla. Questo paragone è per me estremamente significativo. L’opera è come una città o come un labirinto. Una città è sovente anche un labirinto: la si visita e si scelgono le proprie direzioni, il proprio itinerario, ma è più che evidente che per scoprire una città ci vogliono una pianta precisa, e certe regole di circolazione. […]
Pierre Boulez, Per volontà e per caso, Einaudi 1977.